Sette e Ottocento
Santi Gioacchino e Anna ai Monti
Una piccola chiesa che viene spesso ricordata per la storia di un tesoro nascosto che la fantasia popolare ha attribuito a un re polacco che abitava nella zona: da qui il nome della rampa di scale che costeggia la chiesa, ossia Monte Polacco.
Specifiche | Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia dei Ss. Martino e Silvestro ai Monti |
Proprietà | Diocesi di Roma |
Affidamento | Clero diocesano-Comunità ortodossa Etiope |
Accesso | LUN, MER, VEN e SAB 18:45 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004; Roma Sacra–Itinerario 31-Santi Gioacchino e Anna ai Monti-Elio De Rosa ed.-2005 |
Indirizzo | Largo Visconti Venosta, 5 – Rione Monti |
Realizzazione | Eretta nel 1760 e consacrata nel 1781 |
Stile architettonico | Rococo |
Architetto | Giovanni Francesco Fiori (1709-1784) |
da non perdere | Tela con le immagini della Madonna, di S. Anna e di S. Gioacchino sull’altare maggiore |
Storia
L’edificazione della chiesa e dell’attiguo convento della Congregazione delle Minime di S. Francesco di Paola (“Paolotte”) iniziò nel 1760 secondo un progetto di Giovanni Francesco Fiori, ma vari impedimenti di ordine finanziario determinarono più volte l’interruzione dei lavori e la chiesa poté essere consacrata solo nel 1781.
Dopo l’unione di Roma all’Italia, il complesso fu requisito dal governo italiano; oggi il convento ospita il quartier generale romano dell’Arma dei Carabinieri mentre, dai primi anni del secondo millennio, la chiesa è stata concessa, in determinati orari, alla chiesa ortodossa etiope di Tewahedo come luogo di culto per la comunità etiope di espatriati a Roma.
Esterno
La facciata tardobarocca del XVIII secolo presenta un ordine di paraste con capitelli corinzi tra le quali aprono quattro finestre. Al centro apre un portale sovrastato da una finestra incorniciata. A coronamento un doppio timpano triangolare. Ci sono cinque finestre rettangolari di cui due sono su ciascun lato, uno sopra l'altro tra i pilastri, e uno è sopra la porta e si intromette nella trabeazione. Le due finestre laterali superiori hanno sopra decorazioni a conchiglia. Davanti alla porta ci sono alcuni gradini.
Interno
L’interno presenta una pianta a croce greca riccamente decorato con stucchi e volti di cherubini e un altare per ciascun braccio laterale.
La cupola presenta quattro pennacchi formati dalle estremità delle volte a botte sopra i bracci della croce ed un tondo centrale con la rappresentazione in stucco della Colomba dello Spirito Santo in gloria, accompagnata da teste di putti alati. Il resto della cupola è diviso in quattro settori da larghi costoloni. I pennacchi recano i quattro simboli degli Evangelisti, ciascuno con quattro uccelli, ali. Le volte a botte dei bracci trasversali sono state abbellite in modo da sembrare a cassettoni quadrati con rosoni. Il braccio destro della chiesa è occupato da un semplice altare che conserva una pala raffigurante S. Girolamo e l’Angelo, copia di un dipinto seicentesco.
Il vano presbiteriale presenta due piccoli cori con balaustra; l’altare maggiore, leggermente sbalzato verso l'esterno contiene una pala di autore ignoto della fine del Settecento raffigura la Madonna Bambina con i Santi Gioacchino e Anna.
Da due piccoli vani posti ai lati del presbiterio si accede al retrostante Coro delle monache. Il braccio sinistro della chiesa è occupato da un altare settecentesco dedicato al Ss. Crocifisso.
Il tesoro di via Monte Polacco
Sulla destra della chiesa c’è una rampa di scale dal curioso nome di via del Monte Polacco. L’origine del toponimo risale al 1744, quando nel convento annesso alla chiesa fu scoperto uno straordinario tesoro di sculture, argenterie e oreficerie della seconda metà del IV secolo d.C. andato poi disperso in varie collezioni. La fantasia popolare dette vita ad una strana leggenda secondo la quale i preziosi oggetti sarebbero appartenuti a un fantomatico re polacco che avrebbe abitato nella zona, il cui ricordo ha finito per dare il nome alla scalinata. In realtà si trattava del corredo nuziale appartenuto a due giovani dell’antica famiglia romana degli Aproniani. I loro nomi sono incisi anche su uno di quei reperti, un cofanetto in argento oggi conservato al British Museum di Londra, eliminando in tal modo ogni dubbio sull’identità dei proprietari.
GALLERY