Il Rinascimento
San Pietro in Vincoli
La basilica deve il suo nome alle due diverse catene (dal latino vincula, catene), qui conservate, che, secondo la tradizione, a Gerusalemme e a Roma, nel Carcere Mamertino, erano servite a legare S. Pietro durante le due prigionie.
Specifiche | Basilica minore-Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia dei Ss. Martino e Silvestro ai Monti |
Proprietà | Ente Religioso Cattolico |
Affidamento | Canonici Regolari della Congregazione del Santissimo Salvatore Lateranense (CRL) |
Accesso | 08.00-12.30 e 15.00-19.00 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004; G. Della Corte-San Pietro in Vincoli-Macart srl; San Pietro in Vincoli-Lozzi Roma-2007; Sovraintendenzaspecialeroma.it-San Pietro in Vincoli; Roma Sacra-Itinerario 31-Elio De Rosa editore-2005; lateranensi.org/sanpietroinvincoli/ |
Indirizzo | Piazza di San Pietro in Vincoli, 4/a – Rione Monti |
Realizzazione | La prima chiesa risale al V secolo, fu poi restaurata nella seconda metà del ‘400 e a all’inizio del ‘700 |
Stile architettonico | Rinascimentale |
Architetto | Francesco Fontana (1668-1708) |
da non perdere | Monumento funebre di Giulio II e Mosè di Michelangelo; Catene di S. Pietro |
Storia
Una prima chiesa paleocristiana, sorse su di una preesistente domus ecclesiae. La tradizione vuole che Licinia Eudossia, figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio II, abbia voluto donare a S. Leone Magno le catene che avevano tenuto legato S. Pietro durante la sua prigionia a Gerusalemme, dove le reliquie erano state rinvenute dalla madre Elia Eudossia. Le catene, avvicinate da S. Leone Magno a quelle relative alla prigionia romana dell'apostolo nel carcere Mamertino, si sarebbero miracolosamente fuse in una sola, qui tuttora conservata. A ricordo dell'evento e per custodire le catene, nel 442 fu edificata una basilica, conosciuta anche come basilica Eudossiana dal nome della promotrice dei lavori, inizialmente dedicata agli Apostoli ma ben presto l’affermarsi del culto delle catene (vincula) ivi custodite, ne trasformò la denominazione. Nell'VIII secolo Adriano I fece eseguire vari lavori di decorazione della basilica e la costruzione delle due absidi sulla testata delle navate minori e nel XIII secolo fu rifatto il mosaico absidale, del quale sono stati recentemente rinvenuti alcuni frammenti. Durante la cattività avignonese (1309-1377), la chiesa venne abbandonata e cadde in rovina, per questo alla metà del XV secolo l'edificio fu oggetto di un'imponente opera di ristrutturazione intrapresa per volontà del cardinale Nicola Cusano.
Nel 1489 il cardinale Giuliano della Rovere affidò il complesso ai Canonici Regolari Lateranensi, che ancora oggi lo curano. Lo stesso prelato, nel 1503, anno della sua elezione a pontefice con il nome di Giulio II, dispose i lavori per il completamento della basilica che assunse l’attuale assetto rinascimentale.
Lavori di modifica furono intrapresi nel XVI secolo al disopra del portico di facciata e nel 1704-1706 di nuovo lavori di modifica diretti da Francesco Fontana. Un complessivo restauro della basilica fu effettuato nel 1848, sotto il pontificato di Pio IX, ad opera di Virginio Vespignani che vi eresse il maestoso ciborio sovrastante la Confessio o cripta, nel cui altare è riposta il reliquiario ove sono custodite le sacre catene di san Pietro. Ulteriori interventi si ebbero nel 1875-1877.
Esterno
La chiesa è preceduta da un'ampia scalinata e da un portico (nartece) a cinque arcate sostenute da pilastri ottagonali in pietra che hanno nei capitelli lo stemma della famiglia Della Rovere. La struttura, edificata alla fine del XV secolo, è attribuita da Giorgio Vasari a Baccio Pontelli, ma probabilmente è opera di Amedeo da Settignano, detto anche Meo del Caprino (1430-1501). La cancellata, in bronzo, che chiude il portico risale all'epoca di Clemente XI, mentre si accede all'aula liturgica attraverso un portale marmoreo databile al XV secolo.
Interno
L'interno presenta una pianta a tre navate suddivise da venti colonne doriche antiche con basi settecentesche. Le navate laterali e il transetto furono coperti nel XV secolo con volte a crociera, mentre quella centrale, conclusa da un arco trionfale su due colonne di granito rosa egiziano con capitelli corinzi, fu sistemata nel 1704-1706 da Francesco Fontana che aggiunse la volta lignea ribassata a cassettoni decorata al centro con un dipinto murale raffigurante il Miracolo delle catene di S. Pietro, affresco di Giovanni Battista Parodi (inizi del XVIII secolo).
mentre la tribuna, che insiste sull’area precedentemente occupata dall’abside paleocristiana, è interamente decorata da un ciclo di affreschi pure incentrati sulla storia delle venerate catene, dipinto dall’artista fiorentino Jacopo Coppi (1523-1591) nel 1577
All'inizio della navata centrale si presenta, in alto, Papa Sisto IV in processione propiziatoria per la peste del 1476, affresco della bottega di Antoniazzo Romano; in basso, il monumento funebre dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo (1498 - 1510 ca.), di Luigi Capponi.
Lungo la navata destra si susseguono l’altare di S. Agostino, con il dipinto attribuito a Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino e il monumento funebre del cardinale Lanfranco Margotti (inizi del XVII secolo). Il secondo altare presenta la Liberazione di S. Pietro, opera di Pietro Santi Bartoli (seconda metà del XVII secolo); segue il monumento funebre del cardinale Girolamo Agucchio.
Il braccio destro del transetto conserva il Monumento funebre di papa Giulio II (prima metà del XVI secolo), al quale Michelangelo Buonarroti dedicò quarant’anni di lavoro e rappresenta l’opera più rappresentativa della basilica. Il monumento è la versione definitiva e semplificata di un progetto molto più ampio, destinato inizialmente alla basilica di San Pietro in Vaticano; Michelangelo vi lavorò a più riprese, modificando e semplificando il progetto iniziale commissionatogli nel 1505 dallo stesso papa e venne terminato solo nel 1545 con un ampio ricorso agli aiuti, i quali vi lavorarono sulla base dei disegni eseguiti dal maestro. Il grandioso sepolcro è articolato su due registri, nel quale sono inserite nel registro inferiore, al centro, la statua di Mosè, imponente figura, alta 2,35 m, capolavoro di Michelangelo, presenta il profeta e condottiero ebreo seduto mentre, appena sceso dal Sinai, contempla sdegnato il popolo idolatra; ai lati, le statue di Rachele e Lia, figure femminili simboli della vita attiva e contemplativa, scolpite da Michelangelo ma ultimate da Raffaello da Montelupo. Nel registro superiore, al centro, la statua di Giulio II giacente, opera di Tommaso Boscoli, e una Madonna con Gesù Bambino, figura realizzata da Domenico Fancelli detto anche Scherano da Settignano; ai lati, Sibilla e Profeta, opere eseguite da Raffaello da Montelupo e Domenico Fancelli.
Dal transetto destro si entra nella sacrestia e nell'ambiente che la precede, dove sono conservate, all'altare della sacrestia una scultura della Madonna con Gesù Bambino (XV secolo) e nell'antisacrestia, la Liberazione di san Pietro (1602), dipinto di Domenico Zampieri detto il Domenichino e un dipinto di Pier Francesco Mola raffigurante S. Agostino (metà del XVII secolo.
Nella cappella a destra del presbiterio, dedicata a S. Margherita d'Antiochia, si conserva all'altare, S. Margherita d'Antiochia (1644), dipinto di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino.
Il presbiterio, come appare oggi, venne progettato nel 1876-1877 da Virginio Vespignani, del precedente rimane solo l'altare centrale realizzato con la ristrutturazione del 1465 voluta dal cardinale Nicola Cusano. Nell'abside è presente un ciclo di affreschi, eseguiti nel 1577 da di Jacopo Coppi detto il Meglio, raffiguranti, nel catino absidale, Gesù Cristo benedicente con la Madonna, angeli con simboli della Passione e angeli musicanti; alle pareti laterali scene relative alla storia delle catene di S. Pietro.
Al centro del presbiterio si trova il Ciborio (1876) di Virginio Vespignani e sotto l'altare maggiore, la Confessione, realizzata anch’essa da Virginio Vespignani, nella quale sono custoditi il Reliquiario a urna con le catene di san Pietro eseguito da Andrea Busiri Vici nel 1856, e due sportelli con Storie della vita di S. Pietro (seconda metà del XV secolo), attribuiti a Cristoforo Foppa: le due ante, quando vengono chiuse, nascondono il reliquiario contenente le catene di S. Pietro.
Sotto la Confessione si trova la cripta dove è conservato il Sarcofago dei fratelli Maccabei (IV secolo), che secondo la tradizione contiene le spoglie dei sette fratelli ebrei traslate qui da papa Pelagio I nel VI secolo.
Passando alla navata sinistra si incontra il monumento funebre del cardinale Mariano Pietro Vecchiarelli (1667), quindi l’altare con un mosaico raffigurante S. Sebastiano (VII secolo), il monumento funebre del cardinale Cinzio Aldobrandini (1707), di Pierre Legros il Giovane. Segue l’altare della Pietà, dedicato alla Madonna addolorata, attribuita a Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio (ultimo quarto del XVI secolo), e il monumento funebre del cardinale Nicola Cusano, di Andrea Bregno (XV secolo).
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