Santi Vito e Modesto - Le Chiese di Roma

panoramica
cupole di Roma
Vai ai contenuti
Il Rinascimento
Santi Vito e Modesto
banner_ss Vito e Modesto
Nel cuore del rione Esquilino, tra la basilica di Santa Maria Maggiore e piazza Vittorio, sull’antico Mons Cispius, l'antica chiesa dei Santi Vito e Modesto si mostra con la sua facciata in mattoni addossata all'Arco di Gallieno, una delle entrate monumentali delle mura serviane. Al di sotto racchiude un’area archeologica di notevole interesse.
separatore
Specifiche
Parrocchia diocesana
Proprietà
Diocesi di Roma
Affidamento
Clero religioso
Accesso
da LUN a SAB 7:30-8:30 e 17:00-19:00; DOM 9:30-13:00

Bibliografia
M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891;
C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004;
F. Gizzi – Le chiese rinascimentali di Roma- Newton-1994;
www.sanvito-roma.it;
www.romasotterranea.it
Indirizzo
Via di San Vito – Rione Esquilino
Realizzazione
Risalente al IV secolo fu riedificata nel XV secolo e profondamente ristrutturata nell’Ottocento. Riportata alla struttura originaria negli anni Settanta del XX secolo.
Stile architettonico
Rinascimentale
Architetto
Pietro Camporese il Giovane (1792-1873)
da non perdere
Madonna con il Bambino di Antoniazzo Romano; Pietra scellerata
separatore
Storia
Addossata alla sinistra dell’Arco di Gallieno, ricostruzione augustea della più antica Porta Esquilina delle Mura Serviane, la Chiesa dei Santi Vito e Modesto era detta anticamente San Vito in Macello per la presenza in quel luogo del macellum Liviae, complesso commerciale costruito da Augusto e da questi dedicato alla moglie Livia. La chiesa attesta la sua origine nel IV secolo. Fu restaurata nell’VIII secolo, durante il pontificato di Stefano III, ma poi abbandonata e dopo secoli di degrado, che l'avevano ridotta ad un rudere, la chiesa fu fatta ricostruire da papa Sisto IV Della Rovere nel 1477 come si legge sul portale situato al centro della facciata addossata all'Arco di Gallieno. A questo periodo risale la facciata sulla via di San Vito, con il tetto a capanna, il grande occhio centrale ed il portale con gli stipiti in marmo. Nuovi restauri si ebbero nel 1834 ad opera di Pietro Camporese il Giovane e poi nel 1901 da Alfredo Ricci: in questa occasione la chiesa ebbe un nuovo orientamento ed una nuova facciata in stile neobarocco, quella su via Carlo Alberto, dove si apre un portale rettangolare con stipiti in travertino, affiancato da paraste, al di sopra delle quali vi è un fregio di triglifi e metope, e sovrastato da una finestra semicircolare ornata da rosette. Importanti ed ampi scavi effettuati al di sotto della chiesa negli anni Settanta del Novecento hanno permesso di acquisire molte informazioni relative alla topografia della zona; nei sotterranei sono stati rinvenute anche ricche tracce di età romana. E’ stata ritrovata una porzione delle antiche mura serviane e si è accertata la presenza di un varco con orientamento nord-sud, corrispondente con tutta probabilità alla prima Porta Esquilina. Sono inoltre state scoperte delle opere idrauliche da riferirsi all’arrivo dell’acquedotto Anio Vetus presso la Porta Esquilina. Il restauro del 1973 ha restituito alla chiesa l’aspetto tardo quattrocentesco. Nella facciata a capanna sono presenti il portale marmoreo di Sisto IV e le bifore gotiche tipiche dell’epoca.
Esterno
La chiesa presenta, sulla via di San Vito, la facciata più antica con il tetto a capanna aperta da un grande oculo centrale e da un portale d'ingresso architravato; la facciata su via Carlo Alberto, edificata nel 1900, presenta un portale con stipiti in travertino, affiancato da paraste doriche e sormontato da una finestra semicircolare e un timpano triangolare sormontato da una croce che conclude il prospetto. Accanto a questo si eleva il campanile, a pianta poligonale, che presenta una cella campanaria aperta su ciascun lato da una grande monofora.
Interno
L'interno della chiesa è a pianta rettangolare ad un’unica navata con soffitti a cassettoni; ai lati dell’abside semicircolare si trovano due altari ad edicola quattrocenteschi: dei lavori promossi da Sisto IV è rimasto soltanto un altare rinascimentale a edicola, che contiene un pregevole affresco datato 1483 e attribuito ad Antoniazzo Romano. In alto si vede la Madonna col Bambino seduta su un trono dalla semplice foggia, con ai lati due santi, Modesto e Crescenza, ritratti in piedi; più in basso vi sono i santi Sebastiano, Vito e Margherita.
Un’analoga edicola si trova nella parete di sinistra, con un affresco del XIX secolo raffigurante la Madonna che offre il rosario ai santi Domenico e Caterina da Siena. Sulla parete sinistra si trova anche un dipinto ottocentesco raffigurante l'Immacolata Concezione, opera di Pietro Gagliardi.
Nella navata di destra la chiesa custodisce la cosiddetta «Pietra scellerata», collocata dietro una grata. La leggenda vuole sia servita alla tortura e morte di molti cristiani, ma in realtà si tratta di un cippo funerario con tanto di epigrafe in memoria di tale Elio Terzio Causidico. Ad ogni modo il popolo romano gli ha assegnato, fin dall'antichità, un potere miracoloso: la pietra veniva grattata e ingerita dai credenti morsi da cani rabbiosi, in quanto i due santi titolari della chiesa erano considerati protettori degli idrofobi, nonché degli affetti da epilessia e dal disturbo nervoso chiamato “ballo di san Vito”.
separatore
GALLERY

Created with WebSite X5
Sergio Natalizia-Le chiese di Roma
Torna ai contenuti