Sette e Ottocento
Santa Maria del Divino Amore
Situata in un vicolo silenzioso la chiesa di Santa Maria del Divino Amore è un luogo che racconta storie di fede e arte.
Specifiche | Chiesa annessa-luogo sussidiario di culto della parrocchia di S. Lorenzo in Lucina |
Proprietà | Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e della Madonna del Divino Amore |
Affidamento | Clero diocesano |
Accesso | DOM 9:00 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004; Roma Sacra – Itinerario 9- Elio De Rosa editore-1997; F. Gizzi- Le Chiese di Roma del Sette e Ottocento-Newton-1995 |
Indirizzo | Vicolo del Divino Amore, 12 – Rione Campo Marzio |
Realizzazione | Già menzionata nel XII secolo, fu ricostruita nel 1729 |
Stile architettonico | Rococo |
Architetto | Filippo Raguzzini (1690-1771) |
da non perdere | Affreschi delle pareti laterali |
Storia
L'edificio, le cui origini risalgono al medioevo, fino all'inizio dell'Ottocento era dedicato ai santi Cecilia e Biagio. Il nome di S. Cecilia risale alla errata tradizione secondo cui la chiesa fu costruita sulla casa della santa trasteverina, ovvero secondo cui nel piano sotterraneo della chiesa essa era solita ritrovarsi a pregare. Infatti, il documento più antico che fa riferimento a questa chiesa è un cippo marmoreo, ritrovato nel XVII secolo sotto l’altare, che riporta l’iscrizione: Hec est domus in qua orabat Sancta Cecilia MCXXXI consacravit (Questa è la casa dove pregava santa Cecilia; consacrata nel 1131). In realtà la casa della santa era in Trastevere, ove sorge oggi la basilica a lei dedicata.
Nel 1575 la chiesa fu affidata alla Compagnia dei materassai, che aggiunsero all’antico titolo quello di S. Biagio, protettore della compagnia. Nel 1729 la chiesa fu completamente ricostruita su progetto di Filippo Raguzzini; della chiesa medievale rimase solo il campanile del XII secolo.
Nel 1802 Pio VII la cedette alla confraternita del Divino Amore che le dette il nuovo titolo fino ad oggi mantenuto.
Esterno
La facciata è divisa in due ordini: il primo, più alto, presenta quattro lesene che fiancheggiano un unico grande portale centrale con vano non modanato e cornice fluttuante non decorata. Questi pilastri reggono una trabeazione con sul fregio una iscrizione dedicatoria.
Il secondo ordine presenta quattro lesene che si fondono in un semplice architrave sotto la cornice di un frontone triangolare con un oculo nel timpano. Al centro si trova una finestra rettangolare con la parte superiore leggermente arcuata.
Il campanile, a due piani di trifore, è la sola componente superstite della chiesa medievale a seguito della ricostruzione del Settecento. I cornicioni di entrambi i piani sono impreziositi da mensole marmoree e sopra i portici sono presenti piatti di ceramica colorata incastonati in tondi di mattoni.
Interno
L’interno della chiesa è ad unica navata, con volta a botte e due altari laterali; le pareti laterali e le volte del soffitto sono decorate con affreschi ottocenteschi di Filippo Prosperi. I due pannelli del soffitto raffigurano i santi Biagio e Cecilia mentre venerano la Madonna col Bambino; gli affreschi delle pareti laterali presentano le Quattro Virtù accompagnate da putti.
La pala d'altare di destra, eseguita da Sigismondo Rosa nel 1730, raffigura S. Biagio che libera un bambino da una spina di pesce conficcataglisi in gola. La pala d'altare di sinistra raffigura i santi Cecilia e Valeriano, opera di Placido Costanzi (1730).
Sopra l'altare maggiore è un dipinto della Vergine col Bambino attribuito a Vincenzo Camuccini: si tratta di una libera rappresentazione dell'icona venerata presso il Santuario della Madonna del Divino Amore.
La sacrestia è decorata con un affresco raffigurante le sante Cecilia e Valeriana incoronate da un angelo, dipinto della metà del XV secolo e che ha ispirato la pala d'altare della cappella citata. Qui si trova anche l'epigrafe del XII secolo che menziona la casa di Santa Cecilia.
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