Il Barocco
San Marcello al Corso
Anticamente detta San Marcello in via Lata, fu una delle prime chiese cristiane di Roma. In questa chiesa si trova l’immagine del Cristo in croce, oggetto di profondissima devozione da parte dei romani. I fedeli vengono a pregare per ottenere grazie, ma nei secoli è stata invocata per scongiurare soprattutto le epidemie.
Specifiche | Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia dei Ss. XII Apostoli |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto |
Affidamento | Ordine dei frati Servi di Maria (OSM) |
Accesso | Da LUN a SAB 9.30-20.00; DOM 9.00-20.00 e 21.00 -22.30 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004; F. Gizzi- Le Chiese rinascimentali di Roma-Newton Compton-1994; Roma Sacra–Itinerario 2-S. Marcello al Corso-Elio De Rosa editore-1995; L. Gigli-Chiesa di S. Marcello-ISR-1977; Ministero degli Interni-Fondo Edifici di Culto-San Marcello al Corso Sanmarcelloalcorso-eu |
Indirizzo | Piazza di S. Marcello, 5 – Rione Trevi |
Realizzazione | Nucleo originale del IV secolo, ricostruita una prima volta nel XII secolo, e poi nel XVI secolo. La facciata barocca fu aggiunta tra il 1682-86 |
Stile architettonico | Manierista e Barocco |
Architetto | Jacopo Tatti Sansovino (1486-1570) - Carlo Fontana (1638-1714) |
da non perdere | Busti di Alessandro Algardi; Affreschi di Francesco Salviati, Perin del Vaga, Federico Zuccari. Sculture di Francesco Cavallini e di Antonio Raggi. Crocifisso ligneo del XIV secolo |
Storia
La chiesa è dedicata a S. Marcello Papa (308-309) che, secondo le fonti storiche, venne condannalo da Massenzio al compito di stalliere nel "catabulum" (stalla dei cavalli adibiti per la posta pubblica), dove morì di stenti. Il suo corpo, sepolto dapprima nel cimitero di Priscilla, fu qui trasportato nell’VIII secolo VIII e i suoi resti sono conservati in un’urna sotto l'altare maggiore.
L'antica chiesa era orientala nel senso opposto a quello attuale ed aveva l'ingresso principale preceduto da un quadriportico. Diversi Pontefici, nel corso dei secoli, la restaurarono a più riprese e la arricchirono di donativi e di privilegi. Nella notte tra il 22 e 23 maggio 1519 un terribile incendio distrusse la chiesa antica, seppellendo tra le macerie un patrimonio di storia e di arte. Si salvarono parti del perimetro, qualche colonna e qualche affresco e rimase miracolosamente illeso il crocifisso ligneo che ancora vi si venera. La riedificazione, subito iniziata, venne affidata a Jacopo Sansovino e in seguito i lavori furono portali avanti da altri architetti, tra cui Antonio da Sangallo. Gravi eventi, come il sacco di Roma nel 1527 e nel 1530 l'inondazione del Tevere, ritardarono l'opera, che, almeno per la parte interna, poteva dirsi compiuta solo nel 1592. La facciata fu ultimata nel 1686.
Esterno
La facciata, costruita nel 1681-1687 da Carlo Fontana, ha una struttura leggermente concava, che dona vivacità all'insieme. Interamente in travertino, è suddivisa in due ordini: l'inferiore presenta un portale, sormontato da un timpano semicircolare spezzato in mezzo al quale si trova un'edicola vuota, che avrebbe dovuto contenere un bassorilievo; il superiore è raccordato ai fianchi da fasci di palme e termina con un timpano triangolare con al centro lo stemma di monsignor Carlo Antonio Boncompagni Cataldi, finanziatore della facciata. L'apparato plastico-decorativo è completato da alcune sculture: le due statue in basso, raffiguranti S. Marcello e S. Filippo Benizi, sono di Francesco Cavallini; le quattro in alto, della Fede, della Speranza e dei Beati Gioacchino Piccolomini e Francesco Patrizi, sono di Andrea Fucina. Il tondo sopra l'ingresso, rappresentante il rifiuto di S. Filippo all'offerta della tiara, è di Ercole Antonio Raggi.
Interno
La chiesa si presenta a navata unica con cinque cappelle per lato, delimitate da pilastri e archi a tutto sesto; su questi poggia la trabeazione, oltre la quale offrono luce dieci finestre. Nei riquadri tra le finestre vi sono dipinte a fresco le scene della Passione e Risurrezione di Gesù di Giovanni Battista Ricci da Novara. Nella parete sulla porta d'ingresso si ammira il grande affresco della Crocifissione, eseguito nel 1613 dallo stesso pittore, il quale affrescò anche la conca absidale e il sottarco della cappella centrale.
con scene raffiguranti personaggi e storie del Vecchio e Nuovo Testamento.
Nella navata, inoltre, coperta da un soffitto a lacunari lignei realizzato nel 1592-1594 su disegno di Carlo Lambardi è presente un pulpito in legno del XVII secolo, realizzato da Carlo Torriani su disegno di Giovanni Maria de Rossi.
La prima cappella della navata destra, dedicata all'Annunciazione, apparteneva alle famiglie Alli e Maccarani; la pala dell'altare, raffigurante l'Annunciazione, è di Lazzaro Baldi (seconda metà del XVII secolo) e le pitture sono di Tarquinio Ligustri da Viterbo (inizio del XVII secolo). In questa cappella si conserva il gruppo scultoreo in legno della Pietà attribuito alla scuola berniniana.
La cappella successiva, dedicata alle sante Degna e Merita, apparteneva alla famiglia Muti. La pala dell’altare, che raffigura il martirio delle sante, è di Pietro Barberi da Ferrara. La volta è opera di Ignazio Sterri (prima metà del Settecento). Alle pareti sono posti i monumenti funebri dei coniugi Muti, opere di Bernardino Cammeti.
Segue la cappella detta della Madonna delle Grazie: apparteneva alla famiglia Griffoni e conserva l’affresco trecentesco della Madonna col Bambino entro una cornice marmorea del Quattrocento. Sulla parete centrale sono raffigurati episodi della vita di Maria, opera di Francesco Salviati (XVI secolo). Gli altri dipinti della volta, l'adorazione dei Magi e l'adorazione pastori delle parti laterali sono di Ricci da Novara (inizio del XVII secolo). Alla parete destra vi è il monumento funebre di Matteo Griffoni, opera di scuola michelangiolesca.
La quarta cappella, dedicata al Crocifisso, conserva il crocifisso ligneo del XIV secolo, rimasto illeso nell'incendio che distrusse l'antica chiesa. Le pitture della volta sono di Perin del Vaga (XVI secolo). Vi collaborarono anche Daniele da Volterra e Pellegrino Tibaldi. Nelle pareti laterali sono posti monumenti funebri. La quinta cappella è dedicata a S. Pellegrino Laziosi, la cui miracolosa guarigione è raffigurata nella pala di Aurelio Milani (XVIII secolo). Ai lati sono raffigurati un miracolo del Santo e la Madonna del Fuoco. Nelle pareti laterali sono posti monumenti funebri.
Il presbiterio è adornato dall'altare maggiore ricco di grande varietà di marmi con, sullo sfondo, la Gloria di S. Marcello, di Silverio Capparoni (XIX secolo). La calotta absidale e il sottarco contengono affreschi di Giovanni Battista Ricci aventi per tema Storie della vita di Maria Vergine (primo quarto del XVII secolo). Il coro risale ai primi decenni del 600.
Passando alla navata sinistra, si incontra la cappella dedicata a S. Filippo Benizi, raffigurato nella pala d’altare di Pier Leone Ghezzi (XVIII secolo)) accanto a S. Giuliana Falconieri e S. Alessio Falconieri. Segue la cappella dedicata a S. Paolo, detta anche dei Frangipane, dove sono conservati dipinti, raffiguranti episodi della vita dell'apostolo, dei fratelli Taddeo e Federico Zuccari (XVI secolo). Alle pareti laterali sono sei busti di membri della famiglia Frangipane: i tre di sinistra sono di autore anonimo del Cinquecento, i tre di destra sono di Alessandro Algardi (1630-1640).
Nella cappella successiva, dedicata alla Madonna dei Sette dolori, è esposta la pala d’altare con Madonna addolorata (secondo quarto del XVII secolo), di Pietro Paolo Naldini. Nella volta, la Presentazione al tempio è di Antonio Bicchierai. Alle pareti laterali vi sono i dipinti di Domenico Corvi (prima metà del XVIII secolo), raffiguranti il Sacrificio di Isacco e Mosè salvato dalle acque del Nilo.
Quindi si ha una cappella dedicata a S. Maria Maddalena, con la pala d’altare di Giacomo Triga (1728). La volta fu affrescata, verso la metà del Cinquecento da Lorenzo da Rotterdam e da Giovanni Paolo del Colle. Ai lati i due dipinti settecenteschi. raffiguranti i Beati Francesco Patrizi e Gioacchino Piccolomini, sono di Giuseppe Tommasi da Pesaro.
L’ultima cappella, dedicata ai sette santi fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria, conserva all’altare la pala con Madonna in gloria e sette santi fondatori (XVII secolo), opera di Agostino Masucci. Alle pareti le scene della Passione sono di Pier Paolo Naldini, allievo del Bernini.
La controfacciata presenta al centro una Crocifissione di Gesù Cristo (1613), affresco di Giovanni Battista Ricci e a sinistra dell'ingresso, il Monumento funebre del cardinale Giovanni Michiel e del vescovo Antonio Orso (1511-1527), attribuito ad Andrea e Jacopo Sansovino. A destra dell'ingresso, si trova il Cenotafio del cardinale Francesco Cennini de' Salamandri (1668), opera in marmo di Giovanni Francesco Rossi.
Il Crocifisso di San Marcello
Il Crocifisso, esposto nell’omonima cappella, è da sempre oggetto di profonda venerazione da parte dei fedeli di Roma sin dal 1519, quando miracolosamente rimase illeso nel grande incendio. E’ di legno scuro, del XV secolo, di scuola senese. E’ stato ritenuto da alcuni studiosi come il più realistico, per anatomia umana, esemplare di crocifissione di tutta Roma, a tal punto che ha dato origine ad una curiosa diceria: l'anonimo autore, per ritrarre col massimo realismo il trapasso di Gesù, avrebbe ucciso nel sonno un carbonaio e mentre il poveraccio spirava, avrebbe abbozzato velocemente la figura del morente per poi intagliarla nel legno. A parte questa tradizione lugubre, il crocifisso di San Marcello è ricordato dai romani per le numerose storie di miracoli ad esso collegate. Il primo risale al 1519 quando l’incendio distrusse la chiesa: quando i fedeli andarono a verificare i danni del rogo, trovarono tra la cenere ancora fumante il Crocifisso rimasto miracolosamente illeso. Fu proprio questo episodio a dare origine alla “Compagnia del Santissimo Crocifisso”, tuttora esistente.
Un altro episodio prodigioso risale al 1522: una grave pestilenza aveva colpito la Città Eterna. I romani, ricordandosi del miracolo del 1519, decisero di portare in processione il Crocifisso dalla chiesa di San Marcello alla basilica di San Pietro. Dalla chiesa si mosse una solenne processione penitenziale alla quale partecipò l’intera popolazione romana; la processione iniziò il 4 agosto e terminò il 20 e lo stesso giorno, la peste scomparve da Roma. A partire dal Giubileo del 1600, la miracolosa immagine, in occasione degli Anni Santi, viene portata processionalmente alla Basilica Vaticana ed ivi esposta alla venerazione dei fedeli.
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