Sant'Ambrogio della Massima - Le Chiese di Roma

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Il Barocco
Sant'Ambrogio della Massima
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E’ una chiesa poco visibile, difficile da individuare, perché è praticamente dagli edifici che la circondano e se ne può intravedere la facciata e il cortile del monastero annesso solo al di là di un cancello in ferro che si affaccia su via di Sant’Ambrogio, nei pressi del Portico di Ottavia.
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Specifiche
Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia di S. Maria in Portico in Campitelli
Proprietà
Fondo Edifici di Culto
Affidamento
Congregazione Sublacense Cassinese dell’Ordine di S. Benedetto (O.S.B.)
Accesso
DOM 12:00

Bibliografia
M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891;
C. Rendina - Le Chiese di Roma – Newton Compton -2004;
Fondo Edifici di Culto-Sant’Ambrogio della Massima
Indirizzo
via di Sant'Ambrogio, 3 - Rione Sant'Angelo
Realizzazione
Eretta nel IV secolo, fu riscostruita più volte e riedificata tra il 1606 e il 1634
Stile architettonico
Barocco
Architetto
Orazio Torriani (1578-1657) - Carlo Maderno (1556-1629)
da non perdere
Affreschi del Seicento; resti della casa di S. Ambrogio
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Storia
L’appellativo Massima sembra derivare dalla prossimità allo sbocco della Cloaca Massima nel Tevere, ma secondo altre fonti il nome deriverebbe da tale Maxima che, sotto il pontificato di Leone III, vi fece costruire una chiesa a croce latina con monastero annesso; infine, una terza spiegazione la ricollega alla scoperta di una strada romana del IV secolo a.C. denominata Maxima.
Fu eretta sul luogo della casa paterna di sant'Ambrogio, che vi avrebbe abitato insieme alla madre ed alla sorella Marcellina fino al suo trasferimento a come console a Milano; la casa fu anche la sede della comunità religiosa della sorella Marcellina, che trasformò la casa di famiglia in un convento, considerato oggi la più antica casa religiosa di Roma. Successivamente, divenne proprietà di tale Maxima che agli inizi del IX secolo, vi fece costruire una chiesa a croce latina con monastero annesso.
La chiesa fu ricostruita più volte, ma di tali interventi non risultano documentazioni certe. Ebbe nel tempo anche due diverse denominazioni, Santo Stefano de Maxima e Santa Maria in Formosa; nel Quattrocento il complesso fu ristrutturato con l'originario titolo e affidato alle monache Benedettine.
Si ebbe una nuova ricostruzione nel Seicento su progetto elaborato da Orazio Torriani, Giovan Battista Mola e Carlo Maderno. Nel 1814 alle Benedettine subentrarono le Clarisse e nel 1860 i Benedettini Sublacensi. Dopo il 1870 il complesso fu espropriato dallo Stato italiano, ma successivamente la chiesa ed una parte del monastero furono restituiti ai Benedettini.
Esterno
L'ingresso alla chiesa avviene attraverso una cancello racchiuso in un portale che immette in piccolo cortile su cui si affaccia la facciata della chiesa: il cortile contiene una fontana del XVII secolo, costruita nella forma di un ninfeo classico e la vasca della fontana è un antico sarcofago romano in marmo.
L’originaria facciata seicentesca crollò nel 1862 e fu ricostruita nel 1863 con una struttura estremamente semplice.
Interno
L'interno presenta una pianta a croce latina e due cappelle laterali per lato, che occupano ampie nicchie ad arco. In ciascuno dei due transetti è presente un altare. Il soffitto, voltato a botte con finestre lunettate e intonacato di bianco, è privo di decorazioni.
La prima cappella sul lato destro è dedicata a S. Marcellina: presenta una pala del XIX secolo che raffigura la santa che insegna a leggere ai fratelli Satiro e Ambrogio. Sopra l'arco è collocata un'opera seicentesca raffigurante il Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto.
Segue la cappella dedicata a S. Benedetto, con una statua del santo, opera di Orfeo Boselli (XVII secolo); sopra l'arco si trova un affresco raffigurante l’ordinazione di S. Stefano da parte di S. Pietro.
L'altare del transetto destro è dedicato alla Crocifissione: il dipinto presente è una copia di una Crocifissione di Francesco Trevisani che si trova a San Silvestro in Capite.
L'altare maggiore, progettato da Giovanni Maria Morandi agli inizi del Settecento, è ornato da quattro colonne ioniche in marmo nero e la pala d’altare contiene un moderno dipinto di Ambrogio Fumagalli raffigurante S. Ambrogio che resuscita la figlia di una povera donna. Sopra la pala dell'altare maggiore si trova un dipinto più piccolo, raffigurazione anonima della Sacra Famiglia del XVII secolo. Sotto l'altare si trovano le reliquie di S. Policarpo, uno dei primi martiri orientali.
Il transetto sinistro ha altare dedicato a S. Mauro e con la pala d'altare che raffigura il santo che guarisce un paralitico, opera di Ciro Ferri (XVII secolo) e una piccola icona quattrocentesca della Madonna con il Bambino. Segue la cappella dedicata alla Beata Vergine Maria che conserva all’altare, progettato da Giacomo della Porta intorno al 1622, un’icona medievale della Vergine rinvenuta nel 1846 sotto il livello del suolo nella chiesa di San Benedetto in Piscinula in Trastevere. Gli affreschi della cappella raffigurano scene della vita della Madonna e sono opera del Cavalier d'Arpino.
Infine, si incontra la cappella dedicata a S. Giuseppe che presenta una pala d'altare anonima dell'inizio del XIX secolo raffigurante S. Giuseppe in trono con il Bambino e i santi Chiara e Ambrogio; la cappella presenta anche alcuni affreschi raffiguranti S. Gregorio Magno, S. Domenico e la Visita di S. Benedetto alla sorella S. Scolastica.
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Sergio Natalizia-Le chiese di Roma
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