Sant'Eusebio all'Esquilino - Le Chiese di Roma

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Sette e Ottocento
Sant'Eusebio all'Esquilino
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Quasi nascosto, perché incastonato nei palazzi all’angolo tra piazza Vittorio Emanuele II e via Napoleone III, il complesso della chiesa è uno dei gioielli del Rione Esquilino. Ogni anno, nel giorno di S. Antonio Abate, si tiene nel piazzale antistante la tradizionale cerimonia della benedizione degli animali.
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Specifiche
Parrocchia diocesana
Proprietà
Fondo Edifici di Culto
Affidamento
Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo (FSCB)
Accesso
da MAR a SAB 7:30-12:00 e 17:30-19:30; DOM 9:30-12:00 e 17:30-19:30

Bibliografia
M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891;
C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton-2004;
Ministero degli Interni-Fondo Edifici di Culto-Sant’Eusebio all’Esquilino;
Ufficio Storico della Polizia di Stato- La Chiesa di Sant’Eusebio e le vicende del suo monastero-2019;
F. Gizzi- Le Chiese di Roma del Sette e Ottocento-Newton-1995;
seusebio.weebly.com
Indirizzo
Piazza Vittorio Emanuele II, 12 – Rione Esquilino
Realizzazione
La chiesa originaria risale al V secolo. Riedificata nel 1238, è stata ricostruita nel 1711 con facciata a portico
Stile architettonico
Rococo
Architetto
Onorio Longhi (1568-1619) - Nicolò Picconi (nd-nd) - Carlo Stefano Fontana (1700-nd)
da non perdere
Volta della Navata; Coro; Chiostro
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Storia
Secondo la tradizione, la chiesa sorge sul sito della casa di Eusebio, presbitero romano, dove questi aveva fondato un oratorio e dove subì il martirio durante il regno dell'imperatore Costanzo II (IV secolo). La chiesa, trasformata in Titulus Eusebii da papa Liberio sin dalla metà del IV secolo, è menzionata per la prima volta nel 474 in un'iscrizione presente nella catacomba dei santi Marcellino e Pietro; inoltre, è anche registrata negli atti del Concilio di papa Simmaco del 499. Fu fatta restaurare intorno al 750 da papa Zaccaria a seguito del crollo del tetto della chiesa; successivi interventi si ebbero, tra l'VIII e il IX secolo, per volontà dei papi Adriano I, Leone III e Gregorio IV.
Nella prima metà del XIII secolo, fu completamente ricostruita prima sotto Onorio III e poi del suo successore Gregorio IX, il quale nel 1238 la consacrò dedicandola ai santi Eusebio e Vincenzo, come è documentato da un'iscrizione marmorea collocata nel portico. L'edificio nel 1289 venne donato da papa Niccolò IV ai monaci celestini e nel 1627 venne elevato da priorato ad abbazia. L'aspetto attuale si deve alla ricostruzione della facciata effettuata nel 1711 da Carlo Stefano Fontana e al rifacimento degli interni ad opera Onorio Longhi di Niccolò Picconi nel 1759.
Soppresso l'Ordine dei celestini nel 1820, la chiesa nel 1826 venne affidata da papa Leone XII ai Gesuiti, che vi rimasero fino al 1873, quando la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio dello stato italiano, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC), ed affidata alla Fraternità Sacerdotale dei Missionari di S. Carlo Borromeo. L’annesso ex monastero e il chiostro, attribuito a Domenico Fontana, sono sede della Direzione Centrale di Sanità della Polizia di Stato.
Ogni anno nel piazzale antistante la chiesa, il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, si svolge la caratteristica benedizione degli animali, qui trasferita nel XX secolo, per motivi di sicurezza e ordine pubblico, dalla vicina chiesa di Sant'Antonio Abate.
Esterno
L’aspetto attuale della chiesa risale infatti per lo più al Settecento: la facciata fu realizzata nel 1711 da Carlo Stefano Fontana, sotto il pontificato di Clemente XI. La scalinata a doppia rampa di accesso alla chiesa, che è rialzata rispetto al piano stradale, è molto più recente ed è dovuta ai lavori di sbancamento per la realizzazione di piazza Vittorio Emanuele II e della nuova zona residenziale sul colle Esquilino dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia. E’ chiusa da un cancello in ferro, che conduce al portico a cinque arcate, al di sopra del quale si aprono altrettante finestre rettangolari con cornici e timpani fra lesene sormontate da capitelli. Al di sopra ancora è posta l'iscrizione dedicatoria datata 1711 e quindi il cornicione di coronamento con un frontone semicircolare nello specchio centrale, ove si trova lo stemma di papa Clemente XII. La balconata che chiude il prospetto frontale è ornata da statue di quattro santi e due angeli inginocchiati; il timpano della chiesa, sormontato dalla grande croce metallica, risulta leggermente arretrato rispetto alla facciata.
Sul lato destro della chiesa, si innalza il campanile quadrangolare, in laterizi, del XIII secolo che sulla sommità presenta una cella campanaria aperta da una trifora per ogni lato.
Interno
Per i numerosi restauri e rifacimenti che hanno segnato la sua storia plurisecolare, della chiesa duecentesca rimane oggi solo il campanile. L'interno, anche se ristrutturato da Onorio Longhi (1599-1600) e nel 1759 da Nicolò Picconi, ha ad ogni modo conservato l'impianto basilicale della chiesa romanica a tre navate, con quattro cappelle per lato, diviso da archi sorretti da pilastri.
La navata centrale ha una decorazione a stucchi bianchi e dorati, ed è coperta da una volta a botte che presenta, al centro, un dipinto murale raffigurante la Gloria di sant'Eusebio, affresco di Anton Raphael Mengs (1757).
Le cappelle delle navate laterali sono in realtà semplicemente altari: sul lato destro si susseguono quelli dedicati a S. Antonio da Padova, a S. Antonio Abate, alla Madonna del Rosario e al Sacro Cuore.
Sul lato sinistro della navata, iniziando dal presbiterio, si incontrano gli altari della Madonna della Vittoria, di S. Rita, l’altare della Pietà e quello dedicato a Nostra Signora di Lourdes.
Nel presbiterio, rialzato di alcuni gradini, l’altare maggiore, opera di Onorio Longhi (1599), presenta una mostra d’altare con il dipinto di Pompeo Batoni (terzo quarto del XVIII secolo) della Madonna con Gesù Bambino detta anche Consolatrice degli afflitti (terzo quarto del XVIII secolo).
Nel transetto sono presenti due altari: sul lato destro, l’altare di S. Benedetto da Norcia con il dipinto che raffigura il santo e i suoi discepoli S. Mauro e S. Placido (primo quarto del XVII secolo); sul lato sinistro, l’altare di Celestino V, in cui è raffigurata l’Elezione di papa Celestino V (terzo quarto del XVII secolo). Ambedue i dipinti in seguito ai restauri eseguiti nel 1995-1996 sono stati definitivamente attribuiti a Giulio Solimena (1704-1705).
Dietro l'altare, si apre l'abside quadrangolare che ospita il coro alle cui pareti sono appese due tele che costituivano in origine le pale dei due fronti dell’altare maggiore (quindi databili attorno all’anno giubilare 1600) rimosse tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. A destra è la Madonna col Bambino e i santi Eusebio, Vincenzo, Orosio e Paolino, opera di Baldassarre Croce. Sulla sinistra, è posta una Crocifissione con la Madonna, S. Giovanni, la Maddalena, S. Caterina d’Alessandria
e S. Scolastica opera di Cesare Rossetti. Una terza pittura è sulla parete di fondo: raffigura un’Assunta di ignoto autore seicentesco, copia di un’opera di Guido Reni conservata nella Pinacoteca di Monaco di Baviera. Sotto l'attuale chiesa settecentesca sono presenti alcuni resti di una domus romana, sfruttata in parte per la costruzione dell'antico titulus. Le strutture, il cui stile indica una datazione di fine II secolo, si trovano a sud del transetto e dietro l'abside medievale.
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Sergio Natalizia-Le chiese di Roma
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