il Medioevo
Santi Giovanni e Paolo al Celio
E' una chiesa paleocristiana tra le più antiche di Roma. Nei sotterranei, nel corso degli scavi del 1887, furono individuati i resti di ambienti pertinenti ad almeno cinque edifici databili tra il secolo I e il IV, uno dei quali, risalente al secolo II utilizzato da una comunità cristiana. I romani la chiamano anche "chiesa dei lampadari" perchè al suo interno custodisce molti lampadari di cristallo, che le regalano tanta luce, ma anche un effetto particolarmente scenografico.
Specifiche | Basilica minore-Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia di S. Maria in Domnica alla Navicella |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto |
Affidamento | Congregazione della Passione (CP) |
Accesso | 8:30-12:45 e 14:00-17:00 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma – Newton Compton -2004; Ministero degli Interni-Fondo Edifici di Culto-Ss. Giovanni e Paolo al Celio; basilicassgiovanniepaolo.it |
Indirizzo | Piazza dei Santi Giovanni e Paolo, 13 – Rione Celio |
Realizzazione | Risale alla fine del IV secolo, fu restaurata più volte, nel 1100 venne aggiunto il portico, raggiunse l’aspetto attuale nel XVII secolo |
Stile architettonico | Romanico e Rococo |
Architetto | Antonio Canevari (1681-1764) - Andrea Garagni (nd-nd) |
da non perdere | Tomba di S. Giovanni, tomba di S. Paolo, affreschi di Antoniazzo Romano e Pomarancio. Sotto alla chiesa vi sono due case romane con affreschi e mosaici del III e del IV secolo |
Storia
La basilica è dedicata ai due ufficiali romani Giovanni e Paolo, martirizzati nel 362, durante la persecuzione dell'imperatore Giuliano l'Apostata, che li fece uccidere e seppellire nella loro stessa casa. Gli scavi sotto la chiesa hanno effettivamente rinvenuto due case romane risalenti all'inizio del II secolo; nel III secolo le due abitazioni si unificarono, probabilmente sotto un unico proprietario, assumendo così l'aspetto di una grande domus. Nel corso del IV secolo la destinazione d'uso dell'edificio cambiò: la presenza di dipinti murali cristiani e di un altare rivelano la trasformazione dell'ambiente in luogo di culto, forse proprio in conseguenza del martirio e sepoltura dei due ufficiali romani. Questo primo nucleo della chiesa fu distrutto dai Goti di Alarico nel 410 e poi dai normanni nel 1084: si rese pertanto necessario alla fine dell’XI secolo un radicale intervento di restauro del complesso: al tempo di Pasquale II, tra il 1099 e il 1118, fu riedificato il monastero e iniziò la costruzione del campanile; allo stesso tempo fu anche eretto, con colonne di spoglio, il portico antistante l'ingresso alla chiesa.
Restauri, alterazioni e aggiunte si susseguirono nei secoli successivi, nel 1715-18 venne trasformato l'interno facendo perdere ogni traccia dell'antico aspetto paleocristiano, fino al 1950-52, quando vennero ripristinati la facciata paleocristiana, il portico, il monastero e il campanile e condotto lo scavo dei resti del Tempio del Divo Claudio (I secolo d.C.) sotto il complesso.
Nel 1887, durante scavi archeologici, furono scoperti i resti delle domus romane sottostanti la chiesa. Si tratta di una grande insula comprendente quattro edifici, case a più piani, un ninfeo ed un piccolo stabilimento termale. Gli ambienti conservano affreschi del III secolo. L’intero ciclo decorativo appartiene ad epoche diverse ed è una preziosa testimonianza della fase di transizione da un’arte pagana ad un’arte cristiana.
Esterno
Alla basilica si accede dal portico attraverso il portale di Jacopo dei Cosmati (metà del XII secolo), ove spiccano un’aquila nell’architrave, una fascia di stelle e, sotto i piedritti due leoni. Nella parete di fondo nel portico si conservano due delle colonne che sostenevano la serie di cinque archi che davano accesso alla basilica paleocristiana. Sui fianchi sono visibili le finestre molto ravvicinate di epoca paleocristiana, sovrastate da oculi. Inoltre, scendendo lungo il cosiddetto Clivus Scauri, si nota l’abside semicircolare della chiesa con galleria ad archetti pensili, risalente al XIII secolo, di stile romanico-lombardo ed esemplare unico a Roma.
Il campanile quadrangolare a 6 ordini, che si erge sul lato destro del sagrato antistante la basilica, venne costruito in due fasi, utilizzando come fondamenta l'angolo meridionale del Tempio del Divo Claudio: i primi due ordini sono della prima metà del XII secolo e gli ultimi quattro della seconda metà del XIII. A sinistra della basilica si erge la cupola costruita nel 1857-1860 secondo un progetto di Filippo Marinucci. La cupola poggia su un alto tamburo cilindrico, sul quale si aprono otto finestre rettangolari; sopra si eleva la calotta semisferica, ricoperta con lastre di ardesia e sovrastata da una lanterna finestrata.
Interno
L'interno della basilica presenta una pianta a tre navate delimitate da sedici colonne originarie di granito bigio del IV secolo, addossate ad altrettanti pilastri realizzati, nel 1715-1718, in occasione dei lavori di ristrutturazione eseguiti da Antonio Canevari e Andrea Garagni. Il pavimento, rifatto nel XVIII secolo, include molte parti di quello in opus alexandrinum del XIII secolo. La navata centrale, articolata in sei campate, è coperta da un soffitto a lacunari installato nel 1589 e restaurato nel 1904. A metà della navata centrale, una piccola parte del pavimento, delimitata da una ringhiera, dove è posta una lapide commemorativa, indica il luogo in cui i santi Giovanni e Paolo subirono il martirio e furono sepolti.
Le cappelle della navata destra sono dedicate, in successione, a S. Saturnino di Cartagine, a S. Pammachio, a S. Paolo della Croce e a S. Gabriele dell’Addolorata. Nella cappella di S. Paolo della Croce è conservata l’urna con le spoglie del santo, fondatore dell'Ordine dei Passionisti.
Dalla navata destra si accede alla sacrestia dove è conservata, all’altare, una pala con Madonna con Gesù Bambino in trono tra S. Giovanni Battista, S. Girolamo, i santi Giovanni e Paolo (inizio del XVI secolo), attribuita ad Antoniazzo Romano.
Sul presbiterio, delimitato da una bassa balaustra marmorea e nell'abside semicircolare, sotto la mensa dell'altare maggiore, è posta una antica vasca in porfido che accoglie le spoglie dei due santi martiri. Nel catino absidale è presente l’affresco con Gesù Cristo in gloria tra angeli musicanti (1588), opera di Nicolò Circignani detto il Pomarancio. Nella parete absidale è collocata al centro la pala d'altare con Martirio dei santi Giovanni e Paolo (1726), dipinto di Giacomo Triga.
A sinistra del presbiterio si entra in un piccolo ambiente nel quale si conserva un affresco raffigurante Gesù Cristo redentore in trono e sei apostoli (1255): l'opera è l'unica testimonianza che rimane della decorazione pittorica duecentesca.
Passando alla navata sinistra si susseguono le cappelle dedicate rispettivamente al Santissimo Sacramento, al Santissimo Crocifisso, a S. Giuseppe, ai Santi martiri scillitani, dove in un sarcofago marmoreo sono conservate le loro reliquie. Infine si incontra la cappella dedicata a S. Gemma Galgani.
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