Il Barocco
Santa Maria della Vittoria
Chiesa seicentesca ricca di tesori artistici di grande valore tra cui l’Estasi di S. Teresa d'Avila, uno dei più celebri gruppi scultorei di Gianlorenzo Bernini.
Specifiche | Rettoria-luogo sussidiario di culto della parrocchia di S. Camillo de Lellis |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto |
Affidamento | Ordine dei Carmelitani Scalzi (OCD) |
Accesso | 7:00-12:00 e 15:30-19:15 |
Bibliografia | M. Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891; C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004; Roma Sacra- Itinerario 17–Elio De Rosa editore-2000; P. Carmelitani scalzi-S. Maria della Vittoria-ATS-2014; carmelitanicentroitalia.it; F. Gizzi- Le Chiese Barocche di Roma-Newton-1994; |
Indirizzo | Via XX Settembre, 17 – Rione Sallustiano |
Realizzazione | Costruita tra il 1608 e il 1620. Facciata del 1626 |
Stile architettonico | Barocco |
Architetto | Carlo Maderno (1556-1629)- Giovanni Battista Soria (1581-1651) |
da non perdere | Cappella Cornaro con “Estasi di Santa Teresa” (Bernini), Cappella Ss. Trinità (Guercino), dipinti sulla volta e cupola (Domenico Cerrini), “S. Francesco in Estasi” e “S. Francesco riceve le stimmate”, “S. Francesco con la Madonna ed il Bambino” (Domenichino) |
Storia
Fatta costruire su iniziativa dei Carmelitani Scalzi con il finanziamento del cardinale Scipione Borghese fra il 1608 e il 1620, su progetto di Carlo Maderno, dove originariamente sorgeva una piccola cappella dedicata a S. Paolo apostolo. Anche la nuova chiesa venne dapprima intitolata a S. Paolo apostolo e subito dopo a Maria Vergine in ringraziamento della vittoria riportata l'8 novembre 1620, durante Guerra dei trent'anni, dall'esercito cattolico contro i luterani boemi, nella battaglia della Montagna Bianca presso Praga. Questa vittoria fu attribuita al miracoloso ritrovamento da parte del venerabile Domenico di Gesù Maria, carmelitano scalzo e cappellano militare, tra le rovine del castello di Pilsen di un'immagine sacra raffigurante la Madonna in adorazione di Gesù Bambino con evidenti segni di sfregio, essendo stati bucati gli occhi di tutte le figure eccetto quelli del Bambino. Dall'immagine furono viste uscire vivissimi raggi di luce che abbagliarono gli avversari, costringendoli ad una fuga disordinata.
L'icona prodigiosa fu solennemente trasportata a Roma e l'8 maggio 1622 fu intronizzata sull'altare maggiore della chiesa, che da allora si chiamò di Santa Maria della Vittoria o semplicemente la Vittoria.
La chiesa, ripetutamente restaurata e arricchita di opere nel corso dei secoli, fu gravemente danneggiata da un incendio scoppiato nella notte del 29 giugno 1833, che coinvolse il presbiterio e l'altare maggiore, distruggendo l'icona mariana di Pilsen che andò così perduta.
Tra il 1883 e il 1884, furono realizzati da Carlo Nicola Carnevali il nuovo altare e il presbiterio; in questa occasione l'immagine mariana venne sostituita da una copia eseguita nel XVII secolo.
Esterno
La facciata della chiesa, impostata su un alto podio con una scalinata, è suddivisa in due ordini: l'inferiore, partito da lesene, tra le quali si apre un portale architravato, è sovrastato da un timpano centinato spezzato, ornato da un bassorilievo in marmo, con ai lati due nicchie coronate da timpani triangolari; il superiore, scandito da sei lesene corinzie, è aperto al centro da una grande finestra con timpano curvilineo e volute di raccordo con le aquile dei Borghese. A coronamento del prospetto è posto un grande timpano triangolare con, al centro, lo stemma del cardinale Scipione Borghese e sormontato da balaustre con torce marmoree e una croce ferrea.
Interno
L'interno, uno dei più sontuosi modelli di decorazione barocca per la ricchezza dei marmi, degli stucchi e dei fregi, è a navata unica, con volta a botte e tre cappelle per lato intercomunicanti. La cupola e la volta della navata presentano un affresco eseguito nella seconda metà del XVII secolo da Giovanni Domenico Cerrini raffigurante il “Trionfo della Madonna sulle eresie” di Giuseppe e Andrea Orazi e sulla cupola, la “Gloria di S. Paolo”, di Giovanni Domenico Cerrini.
Lungo la navata destra si aprono tre cappelle: la prima, dedicata a S. Teresa del Bambino Gesù, che presenta all’altare una tela di Giorgio Szoldatics raffigurante la santa e sulla volta episodi della vita di S. Maria Maddalena.
La seconda cappella, dedicata a S. Francesco d'Assisi, si conservano tele sulla vita di S. Francesco opera di Domenico Zampieri detto il Domenichino.
Nella terza cappella, dedicata alla Madonna del Carmine, è presente un gruppo scultoreo con Maria Vergine che porge lo scapolare a S. Simone Stock di Alfonso Balzico.
Nel terminale del transetto destro è posta la cappella dedicata a S. Giuseppe, nella quale si conservano all'altare un gruppo scultoreo con Sogno di S. Giuseppe di Domenico Guidi, e alle pareti laterali, rilievi in marmo con Natività di Gesù e Fuga in Egitto, di Pierre Étienne Monnot. Sotto l’altare vi è un simulacro con le reliquie di S. Vittoria.
L’altare maggiore originario, distrutto dall’incendio del 1833, fu ricostruito nel 1880 ed è ricco di marmi e pietre preziose; al centro della raggiera è posta la piccola icona di S. Maria della Vittoria, copia seicentesca dell’originale andata perduta nell’incendio. Nel catino absidale è raffigurata la “Madonna della Vittoria che entra nella città di Praga con gli eserciti cattolici”, affresco di Luigi Serra.
Nel terminale del transetto sinistro è posta la cappella Cornaro, dedicata a S. Teresa d'Avila, realizzata nel 1647-1652 da Gian Lorenzo Bernini su incarico del cardinale Federico Cornaro, con il gruppo scultoreo con Estasi di S. Teresa d'Avila: dalla volta a cassettoni piove una luce dorata sulla scultura che presenta la santa trafitta dall'amore di Dio creando suggestive e particolari penombre. Alle pareti laterali, entro nicchie a guisa di due palchetti teatrali, rilievi marmorei rappresentano membri della famiglia Cornaro che osservano la scena.
Anche lungo la navata sinistra si aprono tre cappelle: la prima che si incontra, dedicata alla Santissima Trinità, sono collocati all'altare, pala con Trinità di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino e sulla volta, Natività di Gesù, Battesimo di Gesù Cristo, Trasfigurazione, S. Agostino e S. Ambrogio, affreschi di Giovanni Francesco Grimaldi. Nella seconda cappella, dedicata a S. Giovanni della Croce, si conservano tre dipinti con Storie della vita di S. Giovanni della Croce di Nicolas François Lorrain.
La terza cappella, dedicata a S. Andrea apostolo, è decorata sulla volta con rilievi, in stucco dorato, della seconda metà del XVII secolo raffiguranti episodi della vita di S. Andrea.
Nella controfacciata, sopra il portale d'ingresso, è collocato un organo a canne con scenografica cantoria barocca, opera di Mattia De Rossi.
GALLERY
L'Estasi di S. Teresa, la versione del Bernini
L’Estasi di Santa Teresa di Bernini, conosciuta anche come la “Transverberazione di Santa Teresa d’Avila”, è l’opera che più di altre descrive la religiosità del Seicento, fatta di esperienze mistiche che coinvolgono sia lo spirito che il corpo.
La scena descritta da Bernini è costruita in modo teatrale e sembra di assistere allo spettacolo della Fede; tuttavia, si tratta anche di un’opera che riunisce in modo armonico la pittura, l’architettura e la scultura per assistere ad un evento soprannaturale come se chi guarda fosse a teatro.
Gian Lorenzo Bernini aveva collocato la santa su di una nuvola di marmo bianco, donando una particolare sensazione di vibrazione nell’aria, riuscendo addirittura ad alleggerire la pesantezza del marmo. A rendere il tutto ancora più spettacolare aveva creato una radiazione luminosa che si snoda dall’alto verso il basso, illuminando in toto l’opera attraverso l’artificio dell’apertura di una piccola finestra sopra l’abside, in modo da far riflettere la luce esterna su un fascio di raggi dorati adeguatamente collocati dietro la statua e, in tal modo, esaltandone gli effetti e aumentandone la luminosità.
Bernini inoltre aveva inquadrato l’opera con una grande cornice architettonica, creando una sorta di proscenio teatrale, anzi trasformando letteralmente lo spazio della cappella in un teatro. “Mettere in scena” il miracolo, l’apparizione divina o anche solo l’evento storico era il sistema più efficace, e più moderno, per coinvolgere un pubblico diventato davvero di “testimoni”. Non a caso i committenti, ossia i membri della famiglia Cornaro, furono qui scolpiti in due palchetti laterali, quasi fossero degli spettatori che assistono idealmente al miracolo.
L’immagine della donna appare assai conturbante e la sua espressione sembrò addirittura ambigua: una certa parte della critica si spinse a parlare, per questo capolavoro berniniano, di “erotismo sacro”. In realtà, Bernini si era rifatto fedelmente alle parole della stessa Teresa, la quale scrisse: «il dolore era così intenso che io gridavo forte; ma contemporaneamente sentivo una tale dolcezza che mi auguravo che il dolore durasse in eterno. Era un dolore fisico ma non corporeo, benché toccasse in una certa misura anche il corpo. Era la dolcissima carezza dell’anima ad opera di Dio».
Ovviamente questa esperienza mistica, chiamata “transverberazione”, era senz’altro un piacere spirituale e non del corpo, e Bernini, da grande interprete, seppe esprimerla in modo magnifico, giocando sulla sottile differenza che può passare fra estasi e voluttà. La prima è propria dell’anima, la seconda dei sensi. Ma se l’estasi è di natura contemplativa, in certi casi essa può prendere, travolgere, coinvolgere anche i sensi, diventare vero amore fisico per Dio.